Arena Civica di Milano, 16 Luglio 2010
Foto di Franco Massalongo, Nicola Lonardi e Mauro Regis
Brillante! Il tanto atteso concerto ha mostrato tre chitarristi con ancora tanta voglia di suonare e con tanta energia da trasmettere al pubblico. Ma partiamo dal principio…
È venerdì pomeriggio e come da accordi ci ritroviamo al parcheggio del casello di Verona sud scaldati
dai 30° di questi giorni. Oltre al sottoscritto, in macchina troviamo Fulvio al volante, Carlo a fianco che
“smanetta” col navigatore, Nicola che per sicurezza consulta anche il suo, e Andrea che si concentra sul
nuovo concerto per non dover pensare a quello di Knopfler.



Foto di Franco Massalongo
Arriviamo in tempi ottimali, senza le code temute per il contemporaneo concerto del Liga a San Siro. Dopo qualche panino e un buon gelatino rinfrescante ci avviciniamo a piedi all’Arena Civica del Parco Sempione. Appena entrati ci sentiamo subito in un’atmosfera particolare. Sarà, come suggerisce Nicola, che un tempo ci giocava l’Ambrosiana Inter… o sarà che l’età media del pubblico non è poi così bassa e sembra quasi di respirare un’aria di chi, gli anni in cui CSN erano giovani, li hanno vissuti davvero.
Il giro iniziale ci porta verso il palco, passando per il chiosco per una birra fresca. Tra gli amplificatori scorgiamo vicino alla batteria, quelli storici visibilmente provati e riconoscibili dai tanti pezzi scotch usati per farli stare ancora in piedi.
Ci appostiamo in settima fila… e alle nove e un quarto lo spettacolo inizia…



Foto di Franco Massalongo
David Crosby, col suo panzone, baffoni folti e due guanciotte da buon uomo, si lascia accarezzare dal ventilatore posto poco più avanti e canta e suona con i bianchi capelli al vento. Stephen Stills si presenta con una camicia colorata che mette allegria; anche la sua pancia non scherza, anche se, da quanto dice Andrea, “l’altra volta ce n’aveva di più”. Graham Nash invece è magro, in buona forma, con la sua pettinatura molto più attenta e curata, stile beautifull. Già son proprio loro!!!
…everywhere there was song and celebration.
And I dreamed I saw the bombers jet planes riding shotgun in the sky,
turning into butterflies above our nation…
(Woodstock)



Foto di Franco Massalongo
Aprono con Woodstock di Joni Mitchell. Sono energici fin dall’inizio e più volte vien voglia di alzarsi ad applaudire con la tentazione di andare avanti verso le transenne a due metri dal palco. Long time gone è la canzone che innalza Crosby! Che voce! Il concerto promette bene per come è iniziato. L’organo Hammond si fa riconoscere aprendo su Marrakesh Express di Graham Nash. A suonarlo c’era Mike Finnigan. Hanno sostenuto il gruppo anche Joe Vitale (batteria), Robert Glaub (basso) e Todd Caldwell (tastiere).
La scaletta avanza ruggente, Stills non avendo voce a sufficienza si porta più volte sul limite del palco
per mostrare le proprie prodezze sulle corde delle diverse chitarre che gli capitano fra le mani. I plettri
che lancia vanno tutti alla sua destra… troppo lontano per lanciarmi sulla gente cercando di
agganciarne uno. E mentre gli uomini della security passavano per far spegnere le digitali… sforzo
inutile in quanto gli scatti ripartivano appena gli omoni giravano le spalle, mi guardavo attorno
ammirando l’Arena Civica affollata, tutti lì per vedere Crosby Stills Nash!



Foto di Nicola Lonardi
In your name di Graham Nash non appare molto in linea con il resto della scaletta, una specie di preghiera con versi poco incisivi, contro la follia e il male nel mondo.
Una dedica al vecchio compagno di avventura, Neil Young, non poteva mancare. È stato Crosby a ricordare che ogni anno, in tour propongono una canzone del “loner”, e quest’anno è toccato a Long May You Run.
Una canzone che ha dato il titolo a un loro album, Déjà Vu, riconoscibile dalle prime note introdotte da
Crosby, porta un applauso immediato. Il mix di voci in questa canzone è da brivido… we have all been
here before.



Foto di Nicola Lonardi
La prima parte del concerto si chiude con la focosa Wooden Ships, dopodiché i tre escono a cambiarsi e a bere un goccio. A quell’età una pausa ci sta tutta. Stills nei momenti di pausa che riusciva a ricavare trovava il tempo per fare anche un po’ di stretching alle braccia.
Contenti della prima parte di concerto, l’unico aspetto negativo era rappresentato dalle tante zanzare
che planavano tra luci ed ombre, mimetizzate, appostate dietro l’angolo per non essere viste, e alla
ricerca di quelle piccole oasi che l’autan non era riuscito a coprire.



David Crosby, Graham Nash e Stephen Stills nelle foto di Nicola Lonardi
Cambiati gli abiti, si ritorna, chitarre alla mano, a far assaporare ancora un bel po’ di canzoni; un’altra ora davanti per completare il grande concerto al quale stavamo assistendo.
Helplessly Hoping: la seconda parte si apre magicamente con questa deliziosa canzone. Si passa poi ad omaggiare altri gruppi, dai Rolling Stones agli Who. Intervallate a queste, spuntano la malinconica Guinnevere, che Crosby dedica alla moglie, Cathedral, che si apre con un’imponente atmosfera creata dalle tastiere, Our House, allegra canzone di Nash conosciuta e cantata da tutti i presenti.
Ma è subito dopo Behind Blue Eyes degli Who che arriva l’aggressiva rockettara melodia di Almost Cut
My Hair di David Crosby.



Foto di Mauro Regis
Il finale di concerto raggiunge il culmine: tutti in coro ad elevare al cielo le nostre voci sulla canzone Love the one you’re with di Stills. Basta un cenno dal palco per partire di corsa e metterci tutti schiacciati alla transenna. Eccoli lì, così lontani così vicini, ci guardano cantare assieme a loro e Crosby da gran bonaccione sembra quasi strizzi l’occhiolino come dire “continuate a cantare, a farvi sentire”.
Speak out, you got to speak out against the madness,
you got to speak your mind, if you dare
(Long time gone)


Foto di Mauro Regis
Teach your children chiude il concerto. CSN e i gli altri quattro elementi salutano il pubblico con un inchino e fra gli applausi scroscianti. Dopo la loro uscita, un ultimo tentativo di chiamarli fuori arriva intonando un “du du du du du… “ ripreso da Suite Judy Blue Eyes. Ma hanno già dato tanto e per noi è tempo di ritornare alla macchina ed avviarci verso casa, con la consapevolezza di aver visto un gran bel concerto, indimenticabile. Un concerto come questo non ha nulla da invidiare a quei concerti pieni di effetti speciali e di attrazioni meccaniche. Un audio perfetto, almeno per noi che stavamo in platea, e un’atmosfera in stile seventees vale molto di più. Per me che li ho visti per la prima volta, è stato davvero emozionante, ancor più (e ringrazio Nicola) per il fatto di aver acquistato i biglietti per le prime file. Questi sono i CSN!!!
We can change the world
Re-arrange the world
It's dying - if you believe in justice
It's dying - and if you believe in freedom
It's dying - let a man live it's own life
It's dying - rules and regulations, who needs them
Open up the door
(Chicago)
Scaletta:
01. Woodstock
02. Military Madness
03. Long Time Gone
04. Bluebird
05. Marrakesh Express
06. Southern Cross
07. In Your Name
08. Long May You Run
09. Déjà Vu
10. Wooden Ships
Break
11. Helplessly Hoping
12. Norwegian Wood (Beatles)
13. Midnight Rider (Allman Brothers Band)
14. Girl From The North Country (Bob Dylan)
15. Ruby Tuesday (Rolling Stones)
16. What Are Their Names
17. Guinnevere
18. Delta
19. Cathedral
20. Our House
21. Behind Blue Eyes (Who)
22. Almost Cut My Hair
23. Love The One You’re With
24. Teach Your Children