Roma, 16 Luglio 2016

Treves Blues Band + Counting Crows + Bruce Springsteen
Alla vigilia, alcune stime parlavano addirittura di 100.000 spettatori; i paganti saranno “solamente” 60.000. Poco
male, quando si guardava la “marea” di mani alzate al cielo, non si poteva non rimanere impressionati. Il concerto
seguirà a grandi linee la struttura di quello visto a Milano il 3 luglio, ma offrirà diverse autentiche perle.
Per noi gli ingredienti sono gli stessi che ci hanno accompagnato due anni fa al
concerto dei Rolling Stones: la giusta compagnia, rimpinguata in genere e
numero, la passione per la musica e la suggestiva ambientazione. Arriviamo ai
cancelli, ancora chiusi, nel primissimo pomeriggio e nel giro di un’ora riusciamo ad
entrare senza grossi intoppi, dopo essere stati perquisiti ed ispezionati con il
metal detector: i fatti di Nizza di due giorni prima hanno indotto l'adozione di
misure di sicurezza ben più ferree rispetto a quanto visto a Milano. Scendiamo
quindi sul terreno del Circo Massimo e subito restiamo impressionati dall’entità
dell’impianto audio-visivo: oltre al “solito” palco maestoso (ma sobrio), sono presenti tre coppie di torrette per
l’amplificazione, posizionate a circa un quarto, a metà e a tre quarti della lunghezza della venue (unica soluzione
possibile per ovviare al ritardo nella diffusione del suono, viste le dimensioni del sito).
Troviamo posto agevolmente in una zona che rimarrà ombreggiata per quasi tutto il tempo dell’attesa; attesa che non
è stata per nulla pesante, visto che sono bastate un paio di birre e qualche briscola per arrivare alle 17.15, quando sul
palco è salita la Treves Blues Band.

Nei 45 minuti di esibizione, in cui l’armonica de “Il puma di Lambrate”, Fabio
Treves, l’ha fatta da padrone, trovano spazio anche un paio di cover: Lodi dei Creedence Clearwater Revival e
Midnight Special di Lead Belly.
Alle 18.30 è la volta dei Counting Crows, definiti come una delle migliori live
band attuali di roots rock. La scaletta si apre con l’inconfondibile intro di Round
Here per poi proseguire con la recentissima Scarecrow (caratterizzata da un
ritornello che rimane nella testa per giorni) e fare il botto, già al terzo brano, con
la celeberrima Mr. Jones. Il pubblico, con mia piacevole sorpresa, apprezza
palesemente l’inizio della performance e accompagna vocalmente un Adam Duritz
forse leggermente appesantito, ma sempre in grado di coinvolgere ed emozionare
la folla. Tra gli otto brani successivi, una menzione particolare va fatta a Big Yellow Taxi, scritto nel 1970 da Joni Mitchell e ripreso dalla formazione californiana nel 2003. La, prevedibile, singola
ora di esibizione termina fin troppo presto e lascia alcuni di noi con un po’ di amaro in bocca per le defezioni nella
scaletta (Hanginaround e le cover di Friend of the Devil e You Ain't Goin' Nowhere su tutte).
Nessun problema: manca poco!!! Ci si chiede se il main event inizierà alle 20.00 come indicato
sul biglietto o alle 20.30 come riferitoci dagli addetti ai lavori. Ci si chiede con quale brano
inizierà… Badlands come accade spesso? Land of Hope and Dreams come 13 giorni prima a
Milano? My Love Will Not Let You Down come a New York nel 2001? Meet Me in the City
come nelle date d’oltreoceano? No! Alle 20.15, quando la sezione d’archi dell’Orchestra Roma
Sinfonietta entra in scena e si posiziona a fianco della batteria, capiamo che il primo brano sarà
un’emozione unica. Poco dopo, come sempre, sulle note di C’era una volta il West, salgono sul
palco i componenti della E-Street Band; qui subito una sorpresa: c’è anche Patti Scialfa, assente
il 3 luglio scorso a San Siro. L’ultimo componente della band a salire sul palco è Jake Clemons; poi, dopo qualche
secondo di attesa, entra lui, Bruce Springsteen. Accolto da una distesa di cuori rossi che il pubblico sventola in alto,
risponde a questo messaggio d’amore con un “Sì, vi amo anch’io!”. E via, il primo è un accordo di pianoforte,
prevedibile per chi aveva capito quale sarebbe stato… da pelle d’oca per tutti: è l'incipit di New York City Serenade,
proposta (a 3 anni dal concerto, sempre a Roma, presso l’Ippodromo delle Capannelle) per la prima volta nel tour
attuale. Dieci minuti abbondanti di contemplazione al termine dei quali dal microfono principale esce il suo
ringraziamento: “Grazie mille, ciao Roma!

E’ bello essere nella città più bella del mondo, al Circo Massimo”. Un conclusivo “Oh Roma, daje!!”, il suo solito “One!! Two!!” e le prime note di Badlands scatenano definitivamente il boato del pubblico. Non c’è nemmeno il tempo di scaldarle, le sue corde vocali vengono subito messe a dura prova con la sign-request Summertime Blues, cover del brano di Eddie Cochran, anch’essa al debutto nel tour. Parte poi la sequenza dei primi sette brani dell’album The River: The Ties That Bind, in cui Little Steve imbraccia la caratteristica Rickenbacker 660/12, Sherry Darling, amata dalla componente femminile della nostra compagnia, Jackson Cage, Two Hearts, una magnifica esecuzione di Indipendence Day (come a San Siro), Hungry Heart e Out in the Street. Un paio di sign-request, Boom Boom di John Lee Hooker e Detroit Medley, anticipano You Can Look (But You Better Not Touch) e Death of my Hometown. Il primo calo nella dinamica del concerto corrisponde ad un’impennata emotiva: la struggente The Ghost of Tom Joad viene eseguita per la prima volta nel tour, su richiesta del pubblico… in solitario... accompagnata dalla sola chitarra acustica. Seguono The River (il brano), introdotta come sempre con un riff di armonica che esalta il pubblico, e Point Blank, sempre da The River (l’album). L’esibizione riprende carica con The Promised Land, Working on the Highway, Darlington County e Bobby Jean (altra gradita sorpresa). Si realizza quindi una “profezia” che ci era arrivata via cellulare da un’amica: “Stasera suonerà di sicuro Tougher Than The Rest”. Il duetto “bocca a bocca” con la moglie Patti Scialfa è da brividi, lascia tutti senza parole (“E’ la mia canzone preferita!”, urla una ragazza vicina a noi). Seguono un’altra interpretazione magistrale di Drive All Night (allo stesso modo di San Siro), Because The Night, in cui l’assolo finale (con tanto di canoniche piroette nella fase conclusiva) di Nils Lofgren lascia tutti a bocca aperta, e la travolgente The Rising (brano contenuto nell’omonimo album, pubblicato qualche mese dopo i fatti dell'11 settembre). Con la dedica alle vittime di Nizza, Land of Hope and Dreams termina la “prima” parte di concerto. Giusto il tempo, per il "Nostro", di riprendere fiato ed ecco che il violino di Soozie Tyrell e il piano di “Professor” Roy Bittan introducono uno dei capolavori contenuti in Born to Run: Jungleland. Che dire? Altri dieci minuti durante i quali il rude assolo di chitarra spacca il cielo come un fulmine, mentre quello del sassofono di Jake Clemons (che ripropone fedelmente l’originale dello zio Clarence) sembra riportare la calma e l’armonia in una serata che si sta rivelando, ancora una volta, meravigliosa. L’applauso scrosciante che accoglie gli ultimi minuti del brano ne è pienamente testimone. Le basse frequenze in avvio della successiva Born in the USA fanno letteralmente tremare i nostri corpi; nonostante la canzone tratti degli effetti della guerra nel Vietnam sugli statunitensi, molti, in passato, hanno creduto fosse un inno patriottico (Ronald Reagan tentò addirittura di utilizzarla come colonna sonora della propria campagna elettorale, con tanto di rifiuto da parte dell’autore).

Da una “Born” ad un'altra: è il momento del suo
brano simbolico, Born to Run, indescrivibile, come ogni sua esecuzione. Ramrod prosegue l’encore riproponendo il
siparietto in cui Springsteen e Little Steve si avvicinano ad una delle telecamere con delle espressioni esilaranti. I
successivi dieci minuti sono dedicati ad un altro dei cavalli di battaglia del repertorio springsteeniano: Dancing in the
Dark. Sull’interminabile assolo sassofonico di Jake Clemons, come al solito, Bruce richiama sul palco, attratto dai loro
cartelli, alcuni (ben sette) spettatori; tra questi, da evidenziare una 65enne che chiede (“before it’s too late”) di poter
ballare con lui, una ragazza a cui affida una chitarra acustica e un tredicenne che chiede di suonare con il batterista
Max Weinberg. Il concerto si avvia verso le fasi conclusive, tocca a Tenth Avenue
Freeze-Out. Il brano omaggia tutta la E-Street Band e soprattutto i compianti excomponenti
Clarence Clemons e Danny Federici. L’infinita esecuzione (a più
riprese) della cover di Shout degli Isley Brothers sembra l’atto conclusivo di
questa storica performance, anche perché, al termine, tutti i componenti della
band lasciano i loro strumenti per rendere grazie al pubblico capitolino con un
inchino collettivo. Illusioni: ancora una volta, in simmetria con la prima data di
Milano, il rocker del New Jersey, saluta i suoi “compagni di giochi” mentre
abbandonano il palco, imbraccia la sua fida Takamine acustica, posiziona l’armonica sul supporto e… la poesia diventa
realtà tangibile: Thunder Road eseguita in solitario lascia tutti in un silenzio quasi religioso, fino a quando “show a
little faith there's magic in the night” scatena per l’ultima volta il coro collettivo del pubblico. Non è stata
un’impressione, in molti l’hanno notato: i suoi occhi lucidi testimoniano l’emozione che ancora oggi, a 41 anni dalla
pubblicazione, il brano suscita anche in lui.
Stavolta è davvero finita; dopo aver incontrato alcune amiche conosciute due anni prima, nella stessa location, al
concerto degli Stones, lasciamo un polveroso Circo Massimo con tante energie in meno, ma con tanti sorrisi in più.


Setlist:
1. New York City Serenade
2. Badlands
3. Summertime Blues (Eddie Cochran cover)
4. The Ties That
Bind
5. Sherry Darling
6. Jackson Cage
7. Two Hearts
8. Independence Day (VEDI VIDEO A LATO)
9. Hungry Heart
10. Out in the Street
11. Boom Boom (John Lee Hooker cover)
12. Detroit Medley
13. You Can Look (But You Better Not Touch)
14. Death to My Hometown
15. The Ghost of Tom Joad
(solo acoustic)
16. The River
17. Point Blank
18. The Promised Land
19. Working on the Highway
20. Darlington County
21. Bobby Jean
22. Tougher Than the Rest
23. Drive All Night
24. Because the
Night (Patti Smith Group cover)
25. The Rising
26. Land of Hope and Dreams (dedicated to the victims
in Nice)
Encore: 27. Jungleland
28. Born in the U.S.A.
29. Born to Run
30. Ramrod
31. Dancing in the Dark
32. Tenth Avenue Freeze-Out
33. Shout (The Isley Brothers cover)
Encore 2: 34. Thunder Road (solo acoustic)